Capitolo 4: Relazione sociale
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universitario, rimase ucciso in un incidente stradale: l’amico ubriaco che
guidava rimase illeso e Iamse dice: ”Si conoscevano da quando erano
bambini. Non è venuto neanche al funerale per la vergogna.”
Sembra che le nuvole scure sopra la testa di Iamse non vogliano ancora
diradarsi: la figlia secondogenita, Katuna, studentessa al primo anno nella
stessa Università frequentata dal fratello, un giorno all’uscita dai corsi, viene
rapita da un uomo che, con l’aiuto di complici, la carica in macchina e la
porta via. Iamse attese una settimana il ritorno della figlia “con il cuore” dice
“che mi sbatteva nel petto come una farfalla imprigionata”.
Quando Katuna tornò, nel petto di Iamse si formò una pietra e la ragazza, in
silenzio, andò sposa al rapitore.
Due anni dopo la morte del primogenito, Iamse diede alla luce Goga, il suo
terzo figlio.
Goga nacque nel 1994, periodo di transizione per la Georgia che da poco
usciva dal sistema dittatoriale russo. Iamse ricorda che quando Goga nacque,
nell’ospedale non c’era luce: il parto avvenne alla luce di candele!
Poi avvenne l’ennesimo disastro nella vita della donna: l’ostetrica che prese
in mano il bimbo, disgraziatamente lo lasciò cadere.
Questo fatto procurò al piccolo Goga una paralisi cerebrale e diversi
problemi agli arti. Cominciarono anni di visite mediche, cure e operazioni. I
genitori del bambino andarono fino a Mosca per curarlo! Goga venne poi
ricoverato tre anni nella capitale armena Yerevan, quindi a Batumi (città
georgiana sul Mar Nero) dove venne sottoposto a tre interventi ortopedici
alle gambe.
Il bambino cresceva con tanti problemi: aveva bisogno di aiuto e di essere
seguito in modo molto particolare. Iamse ricorda che suo marito, uomo
duro, ambizioso, la cui filosofia di vita era se non riesci a fare niente sei
inutile, diventava ogni giorno più insofferente: “era sempre di cattivo umore
e gridava tutti i giorni!” dice.
Goga per esempio aveva bisogno di essere imboccato e il padre era arrivato
a schiaffeggiarlo per il troppo tempo e le difficoltà che quest’operazione
richiedeva.
Dopo 38 anni un giorno l’uomo scagliò il suo mazzo di chiavi in faccia a
Iamse (che si scosta i capelli e ci mostra la cicatrice sopra l’occhio destro) e se
ne andò per sempre.