Capitolo 4: Relazione sociale
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sotto minaccia di morte e avevano raggiunto la lunga fila dei deportati che
era diretta a sud-est, verso la Siria appunto.
C’era una gran confusione, c’è sempre una gran confusione in questi casi,
nessuno sapeva cosa stesse succedendo, c’era tanto odio però, odio e
disprezzo gratuito per le persone che pochi giorni prima spartivano l’acqua
e il sale in armonia tra loro. Il padre del nonno stava in guerra, come tutto
il mondo del resto, forse addirittura combatteva nell’esercito turco, perché
ammettiamolo, un po’ turco lo era eccome, nonostante fosse nato armeno.
La Turchia era la sua patria perché era la terra che l’aveva cullato con le sue
canzoni, che lo aveva nutrito col suo pane e dissetato con la sua acqua. Lui
amava la Turchia. Eppure la moglie e il figlio, una creatura di appena pochi
mesi, camminavano ora atterriti in una lunga fila, come gli schiavi di una volta,
o addirittura gli untori da tener lontani, verso il loro destino maledetto, verso
la loro morte. Hanno camminato per più di tre settimane senza sosta, privi
di acqua e cibo. Killis, Azaz, Halep, ecco alcuni dei paesi che attraversavano,
estranei tra estranei, mentre le polizia turca li guidava sempre più lontano,
finché il paesaggio non fosse diventato arido e le pietre sotto i piedi roventi.
Molti di loro non ce la facevano a continuare, cadevano semplicemente per
terra in fin di vita, sfoltendo così quella lunga fila di sentenziati, di spettri
vaganti nel bel mezzo del deserto di Der-Zor. La bisnonna si punzecchiava con
le erbacce il dito, in fondo faceva come aveva visto da altre madri, e faceva
succhiare il suo sangue al bambino perché almeno lui potesse sopravvivere.
Offriva il suo sangue al figlio Antranìg prendendone da lei stessa come un
estremo sacrificio in segno di eterno e viscerale amore.
“Fra un po’ arriviamo al fiume, all’Eufrate, e ci sarà tanta acqua per
tutti” esclamavano fiduciose alcune donne, e la bisnonna, che aveva solo
diciassette anni, stringeva i denti e camminava eretta, con il bambino in
braccio, e non abbassava più lo sguardo perché sperava che l’acqua sarebbe
presto apparsa all’orizzonte. E infatti hanno raggiunto il fiume ma non prima
di due giorni, e la nonna era sempre più stanca, e siccome l’acqua del fiume
era tutta rossa, rosso sangue, la disperazione era troppa anche per una
giovane diciassettenne come lei, e forse perché era ormai priva di sangue, la
bisnonna è caduta sulla sabbia grigiastra, è caduta con il figlio in braccio, e
sono rimasti entrambi là immobili, come i cadaveri che li circondavano. E la
Morte ora gli si strisciava intorno, vincitrice di una lunga battaglia disperata,
pronta a fare razzia. Ma c’era un movimento strano dietro i cespugli. Una