Capitolo 3: Relazione sociale
- 97 -
Ventidue chilometri in quasi un’ora e mezza di fuoristrada. La strada
fra l’ospedale di zona a Janrabel e Danmari, una frazione della
parrocchia di Kotfè, è terribile e sempre faticosa, ma oggi sembra
interminabile. Gliscossoni e gli urti si susseguono, nonostante gli
sforzi di chi è al volante, ma Jocelène ed io quasi non li avvertiamo,
affrante e pensose. Stiamo riportando a casa i corpi senza vita di
una giovane mamma, Belouse, e della sua bimba, mai nata. I due
corpi, abbracciati, sono avvolti in un unico semplice lenzuolo, deposti
comunque con amore e rispetto nel retro della jeep prestataci dalla
parrocchia ‒ unico mezzo di trasporto disponibile per questo pietoso
servizio ‒ e stiamo andando a riaffidarli alla famiglia, che già sa e
che ci aspetta.
Da anni conoscevamo Belouse, giovane simpatica, sempre pronta
a partecipare alle riunioni e alle feste; sempre arrivava puntuale
grazie al suo asinello, con il quale riusciva a spostarsi sui nostri
sentieri. Non poteva camminare, era fortemente disabile, segnata
dalla nascita da pesanti malformazioni ossee che però avevano
risparmiato il viso, bello, sempre un po’ triste. Era cresciuta con noi,
la incontravamo a tutte le riunioni, sempre in prima fila; da grande
aveva chiesto di essere aiutata a diventare sarta e ci era riuscita,
voleva lavorare, voleva essere come tutte le altre ragazze. Qualcuno
ha approfittato anche di questo. Non ci ha detto subito di essere
rimasta incinta, ha avuto paura, vergogna, è sua mamma che lo ha
capito quando lei era ormai all’ottavo mese.
Siamo tutti rimasti attoniti, non solo dall’abuso, evidente, di chi
ha approfittato di lei ‒ qui la donna disabile o malata di mente è
destinata ad essere “usata” ‒ ma anche del fatto che il suo corpicino
minuscolo avesse potuto sopportare la gravidanza. Subito, senza
perdere tempo, l’abbiamo aiutata a vedere medico e ginecologo.
L’abbiamo accompagnata fino a Port-de-Paix per avere delle visite
adeguate, avevamo già appuntamento in una struttura attrezzata
di Port-au-Prince per il taglio cesareo dopo pochi giorni, ma non ce
l’ha fatta. Il suo corpicino non ha retto. La mamma ci ha chiamato
una mattina dicendo che stava male, siamo riusciti ad andarla a
prendere, abbiamo mobilitato l’équipe dell’ospedale di Janrabel, che
ci conosce bene, e tutti ci stavano aspettando per agire d’urgenza.
Una piccola
storia
di Maddalena Boschetti