Omelie

Aprirci al futuro, significa aprirci alla speranza, dobbiamo leggere la vita degli uomini e avere rapporti di fraternità e di accoglienza sia nei confronti degli uomini sia nel sacrosanto rispetto della natura. Se saremo capaci di costruire rapporti di fiducia, di amore, di fraternità, di giustizia, di pace nei confronti degli uomini, troveremo il senso del fine per cui vivere.

Sarà la disperazione dei poveri che ci giudicherà e con la quale dobbiamo confrontare il nostro essere uomini ancor prima del nostro essere credenti. Forse, allora, cominceremo a fare i primi passi verso una revisione di vita, che ci aiuta ad avvicinarci alle logiche del Vangelo e di conseguenza alle logiche di Dio.

Siamo stati educati a considerare i Santi come degli eroi, modelli, mediatori tra noi e Dio, intercessori. Questo modo di pensare i Santi ci allontana da loro perché sembra quasi che la santità sia un affare loro e non una realtà anche nostra.

. Chi crede in Dio è un pellegrino, un viandante, un cercatore. Noi siamo dei cercatori di Dio, perché il messaggio del Vangelo è di continua liberazione da ogni schiavitù.

Se noi facciamo riferimento solo alle nostre istituzioni religiose per avere sicurezze, per rimanere fermi al nostro passato pensando che più restiamo immobili e più siamo fedeli, non riusciremo mai a incontrare il Dio della libertà, ma resteremo sempre e comunque prigionieri.

La strada che ci propone Gesù è quella dell’amicizia, della fraternità, del servizio, dell’amore, dell’utopia evangelica, che sembra essere rimasta, appunto, un’utopia.

È importante l’elemosina che facciamo ai poveri, ma ancor più importante è scegliere una forma di vita che sia di aiuto concreto, risolva il problema della povertà, aiuti i poveri a smarcarsi dalla loro privazione, dal loro essere poveri e non difendere sempre con le unghie e con i denti i nostri interessi, la nostra classe. Questo è il progetto di Dio! È uno stile di vita, che ci porta semplicemente a non fare centro solo su noi stessi, ma centrare la nostra vita al di fuori di noi stessi.

Nel Regno di Dio, la legge è quella della spontaneità, del dono.

Siamo chiamati a disturbare le coscienze, chi è troppo tranquillo nei confronti della malvagità e dell’ingiustizia strutturale del mondo.

In che modo ci sentiamo solidali con i condannati, gli oppressi, gli esclusi, con quelli che non contano niente?