Capitolo 4: Relazione sociale
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Anche quest’anno vogliamo ricordare il genocidio armeno (anche se
dovrebbe più compiutamente parlare di genocidio cristiano, così ha
scritto Wolfgang Gust nel suo libro Völkermord an den Armeniern,
pubblicato nel 2012) perpetrato dai turchi nel 1915, genocidio che
causò 1.500.000 morti. Arresti e deportazioni furono compiuti in
massima parte dai «Giovani Turchi».
Nelle
marce della morte
, che coinvolsero 1.200.000 persone, centinaia di
migliaia morirono per fame, malattia o sfinimento. Queste marce furono
organizzate con la supervisione di ufficiali dell’esercito tedesco in collegamento
con l’esercito turco, secondo le alleanze ancora valide tra Germania e Impero
ottomano (e oggi con la Turchia) e si possono considerare come “prova
generale”
ante litteram
delle più note
marce della morte perpetrate dai nazisti
ai danni dei deportati nei propri
lager
,
durante la seconda guerra mondiale.
Lo facciamo attraverso due brani de
La
Masseria delle Allodole
(la cui citazione
apre queste pagine sull’Armenia)
scritto da
Antonia Arslan
. Ispirato ai
ricordi familiari dell’autrice, il racconto
della tragedia di un popolo “mite e
fantasticante”, gli Armeni, e la struggente
nostalgia per una terra e una felicità
perdute. La masseria delle allodole è la
casa, sulle colline dell’Anatolia, dove nel
maggio 1915, all’inizio dello sterminio
degli Armeni da parte dei Turchi, vengono
trucidati i maschi della famiglia, adulti e bambini, e da dove comincia l’odissea
delle donne, trascinate fino in Siria attraverso atroci marce forzate e campi di
prigionia. In mezzo alla morte e alla disperazione, queste donne coraggiose,
spinte da un inesauribile amore per la vita, riescono a tenere accesa la fiamma
della speranza; e da Aleppo, tre bambine e un “maschietto-vestito-da-donna”
salperanno per l’Italia.
Il genocidio
armeno