Capitolo 4: Relazione sociale
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In una delle ultime udienze dello scorso anno, il superstite ed ex segretario
dei Diritti Umani del Municipio di Cordoba,
Luis “Vittín” Baronetto
,
denunciò che «durante una visita che feci nell’esercizio delle mie funzioni
i prigionieri mi raccontarono che in una delle celle sotterranee erano stati
tenuti nascosti dei guerriglieri durante la dittatura». Baronetto percorse
allora una galleria dove vide delle segrete e decine di manette fissate nel
muro «a circa quaranta centimetri dal suolo».
Nella sua dichiarazione dello scorso anno, Sonia Torres precisò: «L’allora
direttore del carcere, il commissario Montamat, ci aveva detto che Silvina si
trovava lì. Un giorno Enrique Parodi riceve una chiamata proprio da Sasiaíñ:
Ascolta, Parodi, ho fermato Montamat. Va dicendo a tutte le famiglie che i
loro figli stanno bene. E il mio ex marito – spiegò Sonia – temendo che potesse
succedere qualcosa a Montamat, gli disse ‘si tratta forse di un errore’».
L’11 febbraio di quest’anno, i giudici Jaime Díaz Gavier, Julián Falcucci,
Camilo Quiroga Uriburu e Carlos Ochoa, insieme ai giornalisti che si
occupano del processo, percorsero, su richiesta dei denuncianti Marité
Sánchez e Mariana Paramio, quella galleria – fino ad ora sconosciuta –
indicata dai carcerati a Baronetto.
Il sopralluogo accertò che «nel carcere costituzionale coesistevano nel
sottosuolo celle illegali». Ne dedussero «la possibilità» che vi si fosse tenuta
nascosta Silvina oltre ad altri sequestrati mai apparsi nei libri.
CULLE CON NEONATI “NN”
Giselle Parodi e sua madre Sonia Torres non si diedero per vinte. Vennero
a conoscenza che in quel tempo in una sala della
Casa Cuna
venivano
nascosti dei bambini che erano i figli dei desaparecidos o di detenuti, poiché
a quel tempo non so se già era in uso quella parola- precisò il testimone-.
Le culle erano di ferro bianco ed era lì dove io cercavo il figlio di Silvina.
Sopra la culla si leggeva ‘NN’. Sempre appariva il nome del bambino ma su
quelle culle c’era la scritta ‘NN’. Mai mi potrò dimenticare di quell’immagine.
Cercavo disperatamente di rintracciare i lineamenti del viso di mia sorella, di
quelli di suo marito. Quei bambini erano sotto la custodia di militari armati.
Entravo senza essere visto quando andavano in bagno o al momento del
cambio della guardia. Conoscevo bene i loro movimenti.
– E cosa successe con il corpo dei volontari di rinforzo? – domandò Marité
Sánchez.