Madian Orizzonti Onlus - Bilancio Sociale 2015 - page 29

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Capitolo 2: Identità
esplicito nel suo atteggiamento sfavorevole ai ministri degli infermi
ma successivamente meno prevenuto. Incontrò anche l’incaricato
d’affari della Santa Sede presso la corte sabauda e il canonico
Campodonico che gli diede preziosi consigli sulla via da seguire e
sulle personalità con le quali trattare, gli assicurò il suo appoggio
intervenendo sia presso l’Arcivescovo che presso le autorità civili. In
un successivo viaggio torinese cercò infine qualche assicurazione
presso le autorità comunali per ottenere un alloggio annesso alla
parrocchia che l’Arcivescovo avrebbe potuto concedere ricavandone
una promessa di interessamento benché si trattasse di una
concessione estranea alle ordinarie competenze amministrative. Il
ritorno dei camilliani nell’antica chiesa e casa di San Giuseppe si
sarebbe realizzato nel 1837 sotto il provincialato di padre Dell’Avo
che resse la provincia del 1835 al 1842 e che alla fase di espansione
dell’istituto avrebbe dedicato larga parte del suo impegno. Questi
riprese i contatti avviati da Guccione ma nella trattativa si
inserirono nuovi protagonisti che risultarono determinanti per la
sua conclusione. Tra questi in primo luogo figurava nuovamente la
casa reale. Al diffondersi dei primi casi di colera e nel 1835 Carlo
Alberto aveva visitato varie località colpite dal morbo. A Genova
rimase particolarmente colpito dall’opera svolta dei camilliani ai
quali non solo fece pervenire una cospicua somma ma espresse il suo
rammarico per il fatto che non fossero presenti a Torino. Scrive il
padre Sannazzaro:
Il re conservò un grato ricordo dei nostri
e
parlandone un giorno con l’Arcivescovo ebbe ad esclamare con
amarezza “a Torino non ci sono” e l’Arcivescovo di rimando “maestà
c’erano” volendo attirare l’attenzione del sovrano sulle pratiche che
si trascinavano da anni - ma riprese con vigore in quel periodo -
dirette ad ottenere la remissione dei nostri nella casa e chiesa di San
Giuseppe. La vicenda si concludeva nell’ottobre 1837. Dell’Avo
ricevette una lettera dell’economo generale regio apostolico l’abate
Ottavio Moreno che gli comunicava le disposizioni del Re: la sede
torinese “potrebbe presto ricevere quei soggetti da voi prescelti”. A
Torino i religiosi ripresero il loro impegno sia nell’ufficiatura della
Chiesa sia nell’assistenza ai malati e moribondi. Qualche anno dopo a
riconoscimento della loro caritatevole operosità “il governo del re
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